FRANCISCO GOYA
1746 -1828

LA VITA

Francisco José de Goya y Lucientes nasce in un piccolo villaggio dell'Aragona nei pressi di Saragozza, il 30 marzo 1746, in una famiglia della piccola borghesia (il padre è maestro doratore). Molto giovane inizia la sua formazione artistica nello studio del pittore José Luzán Martínez.
Farà un viaggio in Italia fondamentale per la sua crescita come pittore. Rientrato in patria ottiene l'importante commissione di eseguire i cartoni per l'arazzeria reale, un lavoro che lo impegnerà per buona parte della sua vita.
Lavorerà molto al servizio dei reali e degli aristocratici come ritrattista; Carlo IV lo nominò “pittore di camera” del re.
Colpito da una malattia molto grave diventerà quasi completamente sordo. Questo evento unitamente alla avversione che matura nei confronti delle classi regnanti modificheranno nel tempo il suo carattere che diventa sempre più cupo e pessimista.
Anche l'invasione napoleonica del 1808, le feroci rappresaglie e il martirio del popolo spagnolo, lasciano un segno indelebile sull'artista che esprimerà sua ribellione contro ogni forma di oppressione in alcune delle sue opere più importanti.
Caduto in disgrazia a corte, Goya si ritira nella sua casa di campagna e successivamente in Francia, a Bordeaux, dove muore il 16 aprile 1828.


LE OPERE

Francisco Goya rifiuta i modelli assoluti di bellezza, ha una grande passione per il colore e l’ombra. I suoi primi lavori importanti furono i cartoni per arazzi seguiti per le manifatture dei Reali di Santa Barbara, che rappresentano scene campestri, feste e costumi popolari Spagnoli. Tra questi ricordiamo:

Il Parasole (1777)


  • Sullo sfondo c’è un pendio, sulla sinistra un muro e sulla destra il paesaggio;
  • Viene sviluppato il tema amoroso:
  • vi è un’estrema raffinatezza, sia nei colori che nella rappresentazione;
  • marca maggiormente il volto della donna e meno quello dell’uomo, attraverso un gioco della luce.
  • Gruppo piramidale;
  • il muro e la pendenza del prato costituiscono una diagonale che taglia a metà l’opera;
  • accosta colori opposti: tonalità calde a tonalità fredde, creando un effetto cangiante.

Il parasole

Il parasole, dipinto di Francisco Goya

La famiglia di Carlo IV( 1800-1801)

Non è un’opera celebrativa, ma anticelebrativa. I ritratti di Goya rappresentano infatti impietose analisi dei personaggi.
La luce è la grande protagonista ed attraverso essa l’autore esalta la bruttezza dei volti e la vacuità degli illustri effigiati con uno spietato verismo anticelebrativo.
Egli si autoritrae mentre dipinge una tela, dando le spalle alla famiglia, prendendo così distanza da essa.

La famiglia di Carlo IV

La famiglia di Carlo IV, dipinto di Francisco Goya

Nel 1792 vi è una svolta nella vita di Goya: colpito da una malattia che lo rende quasi sordo, isolato dal mondo esterno, c’è una riscoperta del mondo interiore; il linguaggio diventa più pessimistico, dovuto alla malattia e alle vicende politiche.

Il sonno della ragione genera mostri (1799)

Rappresenta un uomo che dorme e nel momento del sonno, quando la ragione si assopisce, vengono generati dei mostri. E’ un invito a tenere desta la ragione. Secondo la visione illuministica quando l’intelletto perde il controllo della realtà non lascia il vuoto ma un coacervo di impulsi irrazionali e spaventosi, pronti a vanificare qualsiasi ordine costituito di valori.
Mostri: =>ignoranza =>guerra.

Il sonno della ragione genera mostri

Il sonno della ragione genera mostri, dipinto di Francisco Goya

La Spagna, arretrata e decadente, passò sotto il Governo di Giuseppe Bonaparte dal 1808 al 1814; ma lo stesso anno della conquista Napoleonica scoppiò con violenza la resistenza nazionale antifrancese: le atrocità di cui l’uomo è conquista Napoleonica capace vengono illustrate in una serie di opere, tra le quali spiccano le stampe della serie intitolata I disastri della guerra (1808).
Il linguaggio è pessimista e cupo; gli ideali della ragione e della libertà sembrano ormai definitivamente irraggiungibili sul piano della storia.

Non c’è rimedio

L’opera Non c’è rimedio fa parte delle stampe della serie intitolata “I disastri della guerra”. Vi viene raffigurata la seguente scena: Un prigioniero spagnolo sta per morire fucilato dalle truppe napoleoniche; dietro di lui, un compagno muore per la raffica di un secondo plotone; ai piedi del protagonista, giace morto un altro patriota. Goya riesce così a trasmettere la sensazione della simultaneità della morte, nello spazio e nel tempo. La macchina per uccidere della guerra - anonima come le canne dei fucili che si vedono sulla sinistra della stampa - è costante, non si può fermare … e non c'è rimedio.

Non c’è rimedio

Non c'è rimedio, dipinto di Francisco Goya

Saturno che divora uno dei suoi figli

Nel 1814 la monarchia spagnola venne restaurata. Goya non fu oggetto della reazione borbonica, come molti suoi amici. Certo dovette ricredersi subito, se aveva nutrito qualche illusione riguardo le promesse illuminate del Sovrano Ferdinando VII. Questi infatti abolì la costituzione, ristabilì l’inquisizione, richiamò i gesuiti. Era la vittoria di quei ‘mostri’ contro i quali Goya aveva sempre combattuto attraverso la sua arte. L’artista dipinse per esprimere le sue meditazioni pessimistiche la “Quinta del sordo” con scene violente e allucinate tra le quali:
Saturno che divora uno dei suoi figli (1821-23), dove allude al tiranno Ferdinando VII e che esprime in termini da incubo la cieca bestialità del potere che teme l’usurpazione.

Saturno che divora uno dei suoi figli

Saturno che divora uno dei suoi figli, dipinto di Francisco Goya

Quando Ferdinando VII soppresse la Costituzione, Goya abbandonò per sempre la Spagna e trascorse i suoi ultimi anni in Francia.

3 maggio 1808 (1814)

Questa opera si colloca quando Napoleone abbandona la Spagna e tornano a regnare i Borboni; esalta così i regnanti. Goya raffigurò nello stesso anno (1814) due episodi della resistenza madrilena contro i francesi: 2 maggio 1808 e 3 maggio 1808 (Los fusilamientos).

  1. Il primo rappresenta l’insurrezione spontanea del popolo madrileno contro i mamelucchi della cavalleria francese;
  2. il secondo raffigura la rappresaglia dei Francesi contro gli spagnoli sospettati di aver partecipato alla sommossa: tutti gli Spagnoli in possesso di armi, vengono prima fatti prigionieri e poi giustiziati.

In entrambi Goya esalta l’attaccamento alla patria e l’eroica resistenza.
In 3 maggio 1808 l’inquadratura è diagonale.
Il fulcro dell’opera è il prigioniero inginocchiato con le braccia aperte, violentemente illuminato dalla luce della lanterna: la sua camicia bianca, in contrasto con il tono scuro degli altri colori, costituisce la nota più chiara e luminosa dell’intera composizione..
Si individuano 3 fasi:

  1. in primo piano i cadaveri;
  2. in secondo piano i prigionieri che stanno per essere giustiziati;
  3. in terzo piano quelli che poi verranno colpiti

Forte contrasto chiaroscurale: l’ombra contro la luce della lanterna che illumina la scena-simbolico: luce della libertà, ombra della guerra.
Non ci sono margini ben definiti e quindi le pennellate sono approssimative.
Goya mette in luce l’umanità di questi condannati a morte; sottolinea l’autenticità dell’uomo.
E’ ambientato di notte a Madrid.
I volti dei soldati non sono in mostra.
Le mani alzate dell’uomo in bianco sono molto simili ad un’altra sua opera,”Cristo in croce”
Un riferimento alla cristianità è evidente anche nella sagoma della chiesa che si staglia all’orizzonte e nella figura del frate che piega il capo per raccogliersi in un’ultima e inutile preghiera. Si tratta però di riferimenti che sottolineano l’impotenza della fede di fronte alla drammaticità degli eventi storici.
Inoltre Goya invece di un eroe classico, raffigura un antieroe, un civile senza nome, ucciso con i suoi compatrioti da anonimi soldati.
Goya ricorre a violenti contrasti di luce ed ombra per alludere alla vittoria delle forze della morte e dell’irrazionale su quelle della vita e della ragione.

3 Maggio 1808

3 Maggio 1808, dipinto di Francisco Goya