CHI SONO?
Aldo Palazzeschi
Son forse un poeta?
No, certo.
Non scrive che una parola, ben strana,
la penna dell’anima mia:
« follìa ».
Son dunque un pittore?
Neanche.
Non ha che un colore
la tavolozza dell’anima mia:
« malinconìa ».
Un musico, allora?
Nemmeno.
Non c’è che una nota
nella tastiera dell’anima mia:
« nostalgìa ».
Son dunque... che cosa?
Io metto una lente
davanti al mio cuore
per farlo vedere alla gente.
Chi sono?
Il saltimbanco dell’anima mia.
Son forse un poeta? = L’inizio ricorda la poesia di Corazzini “Desolazione del povero poeta sentimentale” che inizia con “Perché tu mi dici poeta? Io non sono un poeta” ma il tono della poesia di Palazzeschi è più ironico e irriverente tanto che il poeta arriva ad identificare il poeta con un saltimbanco mentre per Corazzini non era che un “piccolo fanciullo che piange”; in entrambi i casi vi è il rifiuto del ruolo poetico tradizionale.
follìa; malinconìa; nostalgìa: rappresentano i tre termini attorno ai quali si dipana questa poesia di Palazzeschi che sembrano dare un tono melodrammatico alla lirica mentre alla fine ci accorgiamo che è il tono tragico/comico di una burla.
Io metto una lente: il poeta mette una lente d'ingrandimento davanti al suo cuore affinché la gente possa più chiaramente vederlo e capirlo.
Il saltimbanco: poeta=saltimbanco – prosopopea - questa identificazione richiama la problematica della identificazione del poeta con la posizione marginale e degradata del clown evidenziata anche da altri poeti crepuscolari come Moretti (nella lirica Poesie scritte con il lapis definisce il poeta “sembra il pagliaccio che egli è”) ed inoltre per Palazzeschi la vita vissuta, quotidiana, porta a nascondersi e camuffarsi, a destreggiarsi tra l'autenticità dell'anima e la mascheratura di ciò che mostriamo di noi stessi.