CHI SONO?
Aldo Palazzeschi

TESTO

Son forse un poeta?
No, certo.
Non scrive che una parola, ben strana,
la penna dell’anima mia:
« follìa ».
Son dunque un pittore?
Neanche.
Non ha che un colore
la tavolozza dell’anima mia:
« malinconìa ».
Un musico, allora?
Nemmeno.
Non c’è che una nota
nella tastiera dell’anima mia:
« nostalgìa ».
Son dunque... che cosa?
Io metto una lente
davanti al mio cuore
per farlo vedere alla gente.
Chi sono?
Il saltimbanco dell’anima mia.

PARAFRASI

Son forse un poeta? = L’inizio ricorda la poesia di Corazzini “Desolazione del povero poeta sentimentale” che inizia con “Perché tu  mi dici poeta? Io non sono un poeta” ma il tono della poesia di Palazzeschi è più ironico e irriverente tanto che il poeta arriva ad identificare il poeta con un saltimbanco mentre per Corazzini non era che un “piccolo fanciullo che piange”; in entrambi i casi vi è il rifiuto del ruolo poetico tradizionale.
follìa; malinconìa; nostalgìa: rappresentano i tre termini attorno ai quali si dipana questa poesia di Palazzeschi che sembrano dare un tono melodrammatico alla lirica mentre alla fine ci accorgiamo che è il tono tragico/comico di una burla.
Io metto una lente: il poeta mette una lente d'ingrandimento davanti al suo cuore affinché la gente possa più chiaramente vederlo e capirlo. 
Il saltimbanco: poeta=saltimbanco – prosopopea - questa identificazione richiama la problematica della identificazione del poeta con la posizione marginale e degradata del clown evidenziata anche da altri poeti crepuscolari come Moretti (nella lirica Poesie scritte con il lapis definisce il poeta “sembra il pagliaccio che egli è”) ed inoltre per Palazzeschi la vita vissuta, quotidiana, porta a nascondersi e camuffarsi, a destreggiarsi tra l'autenticità dell'anima e la mascheratura di ciò che mostriamo di noi stessi.


Analisi e commento:

Questa poesia di Palazzeschi (pseudonimo di Aldo Giurlani), apparsa per la prima volta nel volumetto Poemi (1909) pubblicato in autoedizione, rappresenta una scherzosa e rivoluzionaria autorappresentazione dell'autore, una sorta di "autoritratto in negativo". Come altre poetiche dell'epoca, da "Desolazione del povero poeta sentimentale" di Corazzini alla "Signorina Felicita" di Gozzano ("...Io mi vergogno/sì, mi vergogno d'essere un poeta" vv.306-307) fino a "Les dimanches" Francis Jammes ("...Penser cela est-ce etre poète?/Je ne sais pas. Qu'est-ce que je sais?"vv.14-15), vi è il rifiuto del ruolo poetico tradizionale. Non trascurabile è il fatto che siamo in piena epoca di poeti-vati e di poesia autocelebrativa (D'Annunzio) e dunque la posizione "negativa" rappresenta la forte opposizione culturale e la naturale reazione al superomismo dannunziano. L'analisi di Palazzeschi, pur se in modo aggraziato e con fare gioioso, verte sulla negazione delle attività intellettuali più nobili, il comporre poesia, il dipingere, il fare musica, e tutto viene ridotto all'ironica immagine funambolesca del poeta-saltimbanco.

Metrica:

Versi liberi con predominio di senari.