OMERO MAESTRO DI ELOQUENZA
(Institutio Oratoria, X, 45-49)
Marco Fabio Quintiliano
VERSIONE MATURITA’ CLASSICA - anno 2013

TESTO

Sed nunc genera ipsa lectionum, quae praecipue convenire intendentibus ut oratores fiant existimem, persequor. Igitur, ut Aratus ab Iove incipiendum putat, ita nos rite coepturi ab Homero videmur.
Hic  enim, quem ad modum ex Oceano dicit ipse amnium fontiumque cursus initium capere, omnibus eloquentiae partibus exemplum et ortum dedit.
Hunc nemo in magnis rebus sublimitate, in parvis proprietate superaverit.
Idem laetus ac pressus, iucundus et gravis, tum copia tum brevitate mirabilis, nec poetica modo sed oratoria virtute eminentissimus. Nam ut de laudibus exhortationibus consolationibus taceam, nonne vel nonus liber, quo missa ad Achillem legatio continetur, vel in primo inter duces illa contentio vel dictae in secundo sententiae, omnis litium atque consiliorum explicant artes?
Adfectus quidem vel illos mites vel hos concitatos nemo erit tam indoctus qui non in sua potestate hunc auctorem habuisse fateatur.
Age vero, non utriusque operis ingressu in paucissimis versibus legem prohoemiorum non dico servavit, sed constituit?
Nam et benivolum auditorem invocatione dearum quas praesidere vatibus creditum est et intentum proposita rerum magnitudine et docilem summa celeriter comprensa facit.
Narrare vero quis brevius quam qui mortem nuntiat Patrocli, quis significantius potest quam qui curetum Aetolorumque proelium exponit?

TRADUZIONE E ANALISI

Ma ora procedo a trattare quei generi di letture che ritengo siano particolarmente adatte a coloro che mirano a diventare oratori. Dunque, come Arato ritiene che si debba cominciare da Giove, così a noi sembra che sia conveniente iniziare da Omero.
Questi, infatti, così come egli stesso dice che dall'Oceano hanno inizio i corsi dei fiumi e delle fonti, ha dato il modello e l’inizio a tutte le parti dell'eloquenza.
Nessuno potrebbe superare (Omero) in sublimità negli argomenti grandiosi e per proprietà di linguaggio in (quelli) modesti.
E’ sia fiorito che sobrio, gioioso e solenne, straordinario ora per l’eloquenza, ora per la brevità, eccellentissimo non solo per la capacità poetica ma anche oratoria. 
Infatti, anche a tacere delle lodi, delle esortazioni e delle consolazioni, non è forse vero che il nono libro, in cui è contenuta l'ambasceria inviata ad Achille, o nel primo la famosa contesa tra i capi o le sentenze pronunciate nel secondo, non spiegano tutte le tecniche delle controversie (dei discorsi giudiziari/forensi) e delle decisioni (dei discorsi deliberativi)?
Inoltre quanto ai sentimenti (disposizioni d’animo), sia delicati, sia travolgenti (appassionati), nessuno sarà così ignorante da non riconoscere che questo autore li ha avuti tutti in suo potere (li ha padroneggiati).
Suvvia, non è forse vero che all’inizio di entrambe le opere ha, in pochissimi versi, non dico rispettato, quanto creato la formula (legge) dei proemi?
Infatti rende l'ascoltatore ben disposto (benevolo) con l'invocazione alle dee, che è credenza proteggano i poeti, e lo rende coinvolto dalla grandiosità dei temi che propone e lo rende docile (ad apprendere) facendo un breve riassunto del contenuto.
E chi, davvero, potrebbe narrare in modo più conciso di colui che annuncia la morte di Patroclo, o più efficacemente di colui che racconta la battaglia dei Cureti e degli Etoli?


Commento:

L’Institutio Oratoria è considerato il capolavoro di Quintiliano ed è inoltre l'unica sua opera che ci sia pervenuta integralmente.
Il brano “Omero maestro di eloquenza” fa parte del X libro dell’opera, par. 45 e seguenti. In esso l’autore sostiene che l’iniziatore dell’arte oratoria sia stato Omero.
Quintiliano parte dalla considerazione che così come Arato di Soli, poeta greco del primo ellenismo, nel suo poema didascalico (I fenomeni celesti) afferma che nel mondo degli dei dell’Olimpo non si possa che cominciare da Giove (“Orsù, cominciamo da Giove”), allo stesso modo trattando di oratoria non si può che iniziare da Omero, che nell’empireo dei poeti ha la medesima collocazione di Giove nell’Olimpo.
Quintiliano a sostegno della sua tesi elenca le virtù che fanno di Omero un modello di eloquenza: il pregio di essere fondatore delle regole dei proemi; in quanto esemplificatore di artes, ovvero di tecniche (oratorie), in particolare di quella giudiziaria e deliberativa; infine per suo essere nello stesso tempo copioso e sobrio (laetus ac pressus), giocoso e grave (iucundus et gravis), eccellente ora per ricchezza ora per brevità (tum copia tum brevitate).