ELASTICITA' DELL'INSEGNAMENTO
(Institutio Oratoria, I, III)
Marco Fabio Quintiliano

TESTO

1. Tradito sibi puero docendi peritus ingenium eius in primis naturamque perspiciet. Ingenii signum in parvis praecipuum memoria est. Eius duplex virtus, facile percipere et fideliter continere. Proximum imitatio: nam id quoque est docilis naturae, sic tamen, ut ea quae discit effingat, non habitum forte et ingressum et si quid in peius notabile est.

2. Non dabit mihi spem bonae indolis, qui hoc imitandi studio petet ut rideatur. Nam probus quoque in primis erit ille vere ingeniosus, alioqui non peius duxerim tardi esse ingenii quam mali. Probus autem ab illo segni et iacente plurimum aberit.

3. Hic meus quae tradentur non difficulter accipiet, quaedam etiam interrogabit; sequetur tamen magis quam praecurret. Illud ingeniorum velut praecox genus non temere unquam pervenit ad frugem.

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6. Haec cum animadverterit, perspiciat deinceps quonam modo tractandus sit discentis animus. Sunt quidam, nisi institeris, remissi, quidam imperia indignantur, quosdam continet metus, quosdam debilitat, alios continuatio extundit, in aliis plus impetus facit. Mihi ille detur puer quem laus excitet, quem gloria iuvet, qui victus fleat.

7. Hic erit alendus ambitu, hunc mordebit obiurgatio, hunc honor excitabit, in hoc desidiam numquam verebor.

8. Danda est tamen omnibus aliqua remissio, non solum quia nulla res est quae perferre possit continuum laborem, atque ea quoque quae sensu et anima carent ut servare vim suam possint velut quiete alterna retenduntur, sed quod studium discendi voluntate, quae cogi non potest, constat.

9. Itaque et virium plus adferunt ad discendum renovati ac recentes et acriorem animum, qui fere necessitatibus repugnat.

10. Nec me offenderit lusus in pueris (est et hoc signum alacritatis), neque illum tristem semperque demissum sperare possim erectae circa studia mentis fore, cum in hoc quoque maxime naturali aetatibus illis impetu iaceat.

11. Modus tamen sit remissionibus, ne aut odium studiorum faciant negatae aut otii consuetudinem nimiae. Sunt etiam nonnulli acuendis puerorum ingeniis non inutiles lusus, cum positis invicem cuiusque generis quaestiunculis aemulantur.

12. Mores quoque se inter ludendum simplicius detegunt: modo nulla videatur aetas tam infirma quae non protinus quid rectum pravumque sit discat, tum vel maxime formanda cum simulandi nescia est et praecipientibus facillime cedit;

TRADUZIONE E ANALISI

1. L’esperto dell’insegnare (docendi: genitivo del gerundio), affidatogli il bambino (tradito sibi puero: ablativo assoluto), osserverà (perspicet: futuro con valore esortativo) innanzitutto il suo ingegno e l’indole (naturam). Segno d’ingegno nei piccoli è soprattutto la memoria. Il loro duplice pregio (virtus) [è] capire con facilità e ricordare fedelmente. E subito dopo (Proximum: sottinteso signum) c’è l’imitazione; infatti anche questo è proprio di una natura docile (docilis naturae, in quanto disponibile ad imparare), purchè tuttavia riproduca quello che impara, non l’aspetto esteriore (habitum) e il modo di camminare (ingressum = l’incedere) e qualcosa di peggio (peius: complemento di maggioranza di malus) che si faccia notare (notabile est).

2. Non mi darà speranza di buona indole colui che per questa passione di imitare finirà per ottenere di farsi deridere. Infatti sarà innanzitutto serio colui che è dotato di ingegno; diversamente (alioqui) non potrei considerare (duxerim – congiuntivo perfetto) cosa peggiore essere dotati di ingegno lento (tardi) piuttosto che cattivo. Pertanto lo scolaro onesto starà lontano da quello pigro (segni) e svogliato (iacente – inerte, inoperoso).

3. Questo mio giovane (Hic meus: sottinteso puer) imparerà (accipiet - futuro di accipio) non difficilmente le cose che saranno insegnate, anzi, alcune le chiederà, tuttavia seguirà piuttosto che precedere (magis quam praecurret - comparativa). Quell’ingegno precoce (praecox - maturo prima del tempo) non arriva quasi mai (non…unquam) al frutto (nel senso di: dà una buona riuscita) per caso.

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6. Dopo aver osservato queste cose, badi (perspiciat – congiuntivo esortativo) il maestro [soggetto sottinteso] il modo in cui si debba trattare l’animo del discepolo. Alcuni sono svogliati, se non insisti, altri sdegnano gli ordini, il timore ne contiene alcuni,  debilita altri, il lavoro continuato ne abbatte alcuni,  mentre in altri fa più impeto. A me sia dato (detur – congiuntivo esortativo) quel fanciullo che sia eccitato dalla lode, a cui giova la gloria, che pianga se sconfitto.

7. Costui dovrà essere alimentato di proprie ambizioni (ambitu: ablativo di limitazione), il rimprovero (obiurgatio) lo morderà (mordebit – nel senso di offenderà), l’onore lo ecciterà, in lui non temerò mai la pigrizia (desidiam).

8. Un po’ di riposo va tuttavia concesso a tutti (Danda est tamen omnibus aliqua remissio – perifrastica passiva), non solo perché (non solum quia) nessuno (lett. nessuna cosa) può sopportare il lavoro continuato senza sosta, perfino gli esseri privi di animo sensibile (sensu et anima: endiade = 2 parole, un concetto),  affinchè possano mantenere le forze, si rilassano con un riposo alternato al lavoro; ma perché (sed quod è in relazione con non solum quia precedente) il desiderio di imparare si basa sulla volontà che non può essere imposta.

9. Pertanto [gli studenti - sottinteso] rinnovati [riposati] e freschi apportano più forze (virium plus – genitivo partitivo dipendente da plus, avverbio di quantità) e un animo più formato che generalmente (fere - avverbio) si oppone alle costrizioni (nel senso che l’allievo impara di più, e più facilmente,  quando non è obbligato).

10. Né mi offenderebbe/irriterebbe (offenderit – congiuntivo indipendente) il gioco nei fanciulli (è anche questo un segno di voglia di fare), né potrei (possim – congiuntivo potenziale che regge l’infinitiva illum fore) sperare che quello [il fanciullo] triste e sempre dimesso sarà di mente acuta (erectae mentis – genitivo di qualità) verso lo studio, giacendo passivo anche in quest’impeto naturale a quell’età.

11. Vi sia tuttavia una misura al riposo, affinchè non si crei un’avversione per gli studi (studiorum – genitivo oggettivo) una volta negato, o una consuetudine all’ozio se  [concesso in modo] eccessivo. Vi sono anche alcuni giochi non inutili nell’acuire (accendi - gerundivo concordato con ingeniis dipendente dall’aggettivo inutiles) gli ingegni dei fanciulli, dal momento che [essi] si sfidano (aemulantur – gareggiare/emulare) ponendosi reciprocamente (invicem) quesiti (positis quaestiunculis - ablativo assoluto) di ogni genere.

12. Anche le inclinazioni si rivelano più facilmente attraverso il gioco; adesso (modo) nessuna età sembra tanto debole/incapace da (quae – relativa consecutiva) non imparare subito (protinus) cosa sia bene o male, e soprattutto (vel – rafforza il superlativo maxime) allora (tum - è correlato con cum = allora…quando) bisognosa di essere formata [nel momento massimo di formazione], quando è incapace di fingere e cede assai facilmente agli  insegnanti.


Commento:

In questi paragrafi Quintiliano affronta la questione dell’impostazione di un’efficace linea didattica da parte del maestro, basata su un’attenta cura all’indole naturale dell’allievo. Il buon maestro, secondo Quintiliano, è colui che sa riconoscere le qualità innate dei fanciulli come la memoria, la capacità imitativa e l’amor proprio e sa estrinsecarle ed incoraggiarle al contrario della pigrizia e della precocità infantile che non vanno assolutamente stimolate.
La pedagogia antica considerava la memoria facoltà importantissima poiché l'apprendimento era considerato passivo. Anche Quintiliano parte da questo presupposto (il nostro giovane imparerà senza difficoltà le cose che gli sono trasmesse, par. 3) ma dimostra la sua modernità nell'attenzione che dedica alle qualità personali dell'allievo (par.6).
Nei paragrafi 10-12 l’autore sottolinea quanto anche i momenti del riposo e del gioco servano a rinnovare la voglia d’imparare che non può mai essere obbligata.
In questo argomentare Quintiliano riporta un suo modello pedagogico che assume caratteri conformisti nella fedeltà a modelli consolidati e caratteri moderni nell’attenzione dimostrata verso le qualità personali dei fanciulli.

M.Fabio Quintiliano nacque in Spagna (Calagurris) nel 35 d.C. Il padre era maestro di retorica, Quintiliano, ancora giovane andò a Roma per studiare retorica. Tornò poi in Spagna per svolgere attività forense che mai interruppe, nemmeno quando fu richiamato a Roma per insegnare retorica con grande successo, tra i suoi allievi ebbe Plinio il Giovane. Nell’88 si ritirò dall’insegnamento, morì dopo il 95. L’opera principale di Quintiliano sono i dodici libri della Institutio Oratoria.