O FALCE DI LUNA CALANTE
Gabriele D’Annunzio
- O falce di luna calante
- che brilli su l’acque deserte,
- o falce d’argento, qual mèsse di sogni
- ondeggia al tuo mite chiarore qua giù!
- Aneliti brevi di foglie,
- sospiri di fiori dal bosco
- esalano al mare: non canto non grido
- non suono pe ’l vasto silenzïo va.
- Oppresso d’amor, di piacere,
- il popol de’ vivi s’addorme...
- O falce calante, qual mèsse di sogni
- ondeggia al tuo mite chiarore qua giù!
O falce (anafora vv.1-3-11) di luna calante (metafora: la luna all'ultimo quarto ha la tipica conformazione di una falce – il poeta si rivolge direttamente alla luna) che brilli sul mare (su l’acque deserte – deserte perché non vi sono barche), o falce (ripete l’immagine metaforica) argentata, che abbondanza di sogni (messe di sogni la metafora luna/falce suggerisce la metafora sogni/messe come se il mondo fosse un immenso campo ondeggiante di sogni, che si levano da tutte le creature viventi che dormono, da mietere con la luna/falce) ondeggiano (seguendo le onde del mare e l’effetto del riverbero) sotto la luce della luna (mite chiarore) qui sulla terra (qua giù).
Il tremolio appena percepibile delle foglie sembra un fremito (aneliti brevi), i profumi (sospiri) dei fiori dal bosco si diffondono (esalano) sino al mare: non si ode alcun rumore (non canto non grido non suono – anafora che sottolinea l’assoluta mancanza di rumori) nel vasto silenzio.
Stremato dall’amore e dal piacere (dei sensi) tutti gli esseri viventi (il popol de’ vivi) si abbandonano al sonno (s’addorme sta per si addormenta)…
O falce calante (si ripete la prima strofa, con l'omissione del termine luna, conferendo al componimento un andamento circolare) l'invocazione della prima strofa.