UGO FOSCOLO
(1778-1827)



La formazione

Nasce a Zante (l'antica Zacinto), una delle isole Ionie allora appartenente alla Repubblica Veneta, il 6 febbraio 1778 — dal medico Andrea Foscolo, di antica famiglia veneziana, e dalla greca Diamantina Spathis. Il suo nome di battesimo è Niccolò, ma dal 1795 preferisce farsi chiamare Ugo.
La famiglia si trasferisce successivamente a Spalato, in Dalmazia, e dopo la morte improvvisa del padre (1788), si trasferisce a causa delle difficoltà economiche, con la madre e i suoi tre fratelli, a Venezia.
Il 1797 è un anno fondamentale nella storia della formazione di Foscolo: compone e mette in scena il Tieste, tragedia costruita sui modelli alfieriani e piena di furore libertario. Dopo la discesa dei francesi in Italia, sotto l'influenza delle idee giacobine s'impegna nell'attività politica e nell'aprile del '97 fugge a Bologna dove si arruola nell'esercito napoleonico e pubblica l'ode A Bonaparte liberatore. A maggio, dopo l'arrivo dei francesi e l'instaurazione del regime democratico, fa ritorno a Venezia e vi svolge un'intensa attività politica fino all'amara delusione del trattato di Campoformio (1797)(con il quale Napoleone cede Venezia all’Austria ponendo così fine alle speranze indipendentistiche dei giacobini italiani).
Le due odi Ai novelli repubblicani (incitamento a difendere i diritti conquistati contro i nemici della Rivoluzione) e soprattutto Bonaparte Liberatore (appello al generale vittorioso perchè mantenga le promesse di libertà) esprimono il risentimento e i fondati timori di Foscolo.
Venduta la sua patria all'Austria, lascia per sempre Venezia e la madre. Quindi, parte in volontario esilio, per la capitale della Repubblica Cisalpina, Milano, dove si lega ai più attivi gruppi giacobini italiani, conosce il vecchio Parini e diviene amico di Vincenzo Monti, ed è tra i principali collaboratori del foglio giacobino “Il Monitore italiano” presto soppresso da Bonaparte.
Nel '98 si arruola volontario nella Guardia Nazionale di Bologna e insieme con i francesi, combatte valorosamente in Emilia e Romagna, ma rimane ferito sia a Cento sia poi, una seconda volta, a Genova assediata. Nel frattempo scrive l’ode alla giovane contessina Luigia Pallavicini, vittima di un incidente equestre A Luigia Pallavicini caduta da cavallo.



Il primo Ortis

Nel autunno del '98 a Bologna esce la prima edizione del romanzo epistolare Ultime lettere di Jacopo Ortis. (ma l’opera, interrotta dall’autore, per volontà dell’editore il libraio Marsigli, e ad insaputa del Foscolo, era stata portata a termine da un certo Angelo Sassoli, letterato bolognese).
La prima edizione del romanzo non può certo dirsi opera nuova e originale, è assente il tema politico, fondamentale nel secondo Ortis, e centrale invece quello idillico-amoroso e sentimentale. Ma già in questa prima stesura si può notare la non comune cura linguistica e stilistica.
Dal punto di vista politico con i comizi di Lione del 1802, che confermano il ruolo subalterno toccato all'Italia nel sistema napoleonico, determinano la profonda delusione del Foscolo che da adesso anziché protagonista diverrà distaccato e scettico spettatore degli eventi (crisi denunciata nell’ Orazione a Bonaparte pel Congresso di Lione). In questo clima di sconfitta e di delusione si collocano la revisione dell’ Ortis (1802), e la prima edizione delle Poesie(1802-1803).


Il secondo Ortis

Il secondo Ortis ha un impianto rinnovato rispetto al primo: il giovane Jacopo, fin dalle prime pagine, è un perseguitato politico, costretto ad abbandonare Venezia dopo che il “sacrificio della patria è stato consumato” (cioè dopo che Napoleone ha ceduto Venezia all’Austria). La vicenda amorosa di Jacopo s’iscrive ora in una realtà di sconfitta e di disperazione e il suicidio è molto meno conseguenza del rifiuto da parte di Teresa che del senso di umiliazione e di scacco esistenziale.


Le poesie

Con le Poesie, Foscolo tocca la maturità lirica: i dodici sonetti e le due odi lo consacrano immediatamente quale voce più alta e originale della poesia neoclassica, in linea con il magistero pariniano (specie per le odi) e alferiano (per i sonetti). Il numero ridotto dei componimenti, quattordici, doveva suonare come un correttivo drastico alla moda di una poesia facile, abbondante e piacevole che aveva trionfato durante il settecento, e alla quale si era già opposto Parini.  Altrettanto nuova è la materia della raccolta: un’autobiografia eroica, che culmina nella rinuncia alla poesia, una volta cadute le idealità giovanili, cioè l’amore e l’impegno politico e civile. Abbandonata la poesia, la gloria potrà essere assicurata dalle “fatiche dotte” cioè da studi eruditi.


Il modello alferiano

Foscolo si richiama a Vittorio Alfieri, in particolare tra le opere dell’Alfieri fu la raccolta delle Rime a produrre grande impressione sul giovane poeta. Si spiegano così la scelta del sonetto, l’ascendenza petrarchesca della raccolta (limitata al tema del tormento amoroso) e i consistenti richiami e la scoperta volontà di emulazione dei modelli (fino al caso estremo del sonetto autoritratto, interamente costruito a confronto con quello alfieriano).


L’influsso pariniano

Accanto all’influenza di Alfieri si distingue chiaramente nelle Poesie il magistero di Giuseppe Parini, di cui era uscita a Milano l’edizione delle Opere, elevato, dagli uomini del Risorgimento fino al Carducci, a nume tutelare della nostra letteratura in sostegno del Risorgimento nazionale. La lezione di Parini si avverte particolarmente nelle odi: si nota nel recupero dei classici già chiaro nelle Poesie e poi sempre più sviluppato nei Sepolcri e nelle Grazie. I classici appaiono soprattutto come maestri di moralità. Ma accanto a questa funzione etica (già presente sia in Parini che in Alfieri), Foscolo cerca nei classici anche una perfezione linguistica e stilistica rivelata soprattutto dagli arditi procedimenti della sintassi e dello studio del lessico.


I dissapori con Monti

Tra il 1809 e il 1810 cresce, da parte del Monti e del suo gruppo di amici, un’ostilità sempre più agguerrita e feroce contro Foscolo. Ha così fine il loro intenso sodalizio anche artistico.


IL SOGGIORNO FIORENTINO

Nell’agosto del 1811 Foscolo lascia Milano e si trasferisce a Firenze dove inizia a lavorare al poema delle Grazie (che non giungerà mai a stesura definitiva). Riprendendo il mito classico della nascita delle Grazie, della loro opera di civilizzazione presso un’umanità primitiva, Foscolo mira a ricostruire una storia idealizzata del corso della civiltà e della funzione assolta dalle arti (poesia, pittura, scultura, musica) nel progresso civile, etico-morale dell’umanità.
I contenuti delle Grazie: i tre inni sono dedicati rispettivamente a Venere, Vesta e Pallade.

  • Nel primo inno si narra l’origine della Grazie e i primordi della civiltà umana;
  • nel secondo si assiste al sacrificio del poeta alle Grazie e ad una ricostruzione fantastica della civiltà di Firenze, nuova culla della poesia italiana;
  • il terzo inno è riservato alla lavorazione del Velo che dovrà preservare le Grazie dalle insidie delle passioni umane (impersonate da Amore) e garantire loro la purezza e la perfezione, simbolo del sereno distacco contemplativo che contemplativo uno dei temi di fondo del poema.

A Firenze Foscolo riprende il lavoro di traduzione del ‘Viaggio sentimentale’ del celebre scrittore inglese Laurence Sterne. Facendo sue le parole di Pindemonte, Foscolo si dice convinto che la traduzione deve essere una “specie di invenzione” e che il traduttore non deve mai cessare “d’esser poeta”. Foscolo non sarà mai completamente convinto del lavoro nonostante la sua continua attenzione linguistica e ciò determinerà un continuo lavoro di revisione.


Verso l’esilio

Nell'ottobre del 1813, approssimandosi dopo la sconfitta di Lipsia il crollo del regime napoleonico , rientra a Milano. Il ritorno dell’Austria determina un clima quasi intollerabile per Foscolo che però ad un certo punto, forse per sottrarsi ai sospetti e agli arresti che già cominciano a fioccare sembra sul punto di collaborare al nuovo giornale letterario filoaustriaco (che sarà poi la ‘Biblioteca italiana’). Ma alla vigilia del giuramento di fedeltà all'Austria, tenendo fede ai suoi principi di «libero scrittore», il 30 marzo del 1815, fugge da Milano e prende la via dell'esilio.
Dapprima ripara in Svizzera, dove attende ad una nuova edizione dell'Ortis (1816), porta a termine la satira Ipercalisse e compone i discorsi Della servitù dell'Italia. Poi, dopo varie peregrinazioni, essendo perseguitato dalla polizia, si stabilisce alla fine del 1816 a Londra.


IL PERIODO INGLESE

Qui inizialmente viene accolto con favore nei circoli letterari e culturali, ma presto, per il desiderio di vivere in un ambiente di raffinata eleganza, si avventura in imprese economiche rovinose; e a causa sia del suo orgoglioso, aggressivo e polemico carattere sia degli antichi risentimenti, finisce per alienarsi le simpatie e della compunta aristocrazia inglese e dei numerosi italiani in esilio a Londra (Berchet, Confalonieri, Scalvini, Santarosa). Alle difficoltà economiche, tuttavia, cerca di ovviare con un indefesso e ostinato e spesso ingrato lavoro, ovvero con conferenze, lezioni, articoli e saggi sui giornali e riviste.


Le opere critiche

Al periodo 1818-1825 appartengono gli scritti di critica e storia letteraria: il Discorso sul testo della Divina Commedia di Dante, i Saggi sul Petrarca, il Discorso storico sul testo del Parallelo tra Dante e Petrarca, il Saggio sulla letteratura contemporanea in Italia (polemica ricostruzione di un periodo letterario in cui il Foscolo pone se stesso come più alto esponente).
Di grande rilievo anche il Discorso sul decamerone.
Di fronte alla ricchezza della produzione critica vi è però una povertà di produzione poetica.  Sul fronte della prosa vi è la redazione definitiva dell'Ortis, e sono interessanti le Lettere scritte dall'Inghilterra, di cui però solo una parte viene stampata..
Dopo aver passato un breve periodo in prigione a causa dei debiti contratti, è costretto a vivere sotto falso nome per non farsi raggiungere dai creditori.
La lettera apologetica costituisce il testamento politico di Foscolo: a essa il poeta consegnava l’ultimo bilancio del suo operato, l’ultima difesa della sua azione politica.
Niccolò Ugo Foscolo muore il 10 settembre 1827 in condizioni di povertà e viene sepolto nel cimitero di Chiswick.
àd'Italia, nel 1871, le spoglie sono state collocate a Firenze, nella chiesa di Santa Croce, accanto ai grandi italiani che aveva celebrato nel carme Dei Sepolcri.