FELICITA’ DEL SAGGIO
(De rerum natura – Libro II – vv.1-19)
Lucrezio
- Suave, mari magno turbantibus aequora ventis,
- e terra magnum alterius spectare laborem;
- non quia vexari quemquamst iucunda voluptas,
- sed quibus ipse malis careas quia cernere suave est.
- Suave etiam belli certamina magna tueri
- per campos instructa tua sine parte pericli.
- Sed nil dulcius est, bene quam munita tenere
- edita doctrina sapientum templa serena,
- despicere unde queas alios passimque videre
- errare atque viam palantis quaerere vitae ,
- certare ingenio, contendere nobilitate,
- noctes atque dies niti praestante labore
- ad summas emergere opes rerumque potiri.
- O miseras hominum mentes, o pectora caeca!
- Qualibus in tenebris vitae quantisque periclis
- degitur hoc aevi quodcumquest! Nonne videre
- nil aliud sibi naturam latrare, nisi utqui
- corpore seiunctus dolor absit, mente fruatur
- iucundo sensu cura semota metuque?
È dolce (suave – il verbo est è sottinteso), quando i venti sconvolgono (ventis turbantibus – ablativo assoluto) le acque (aequora) nel grande mare (mari magno– ablativo di stato in luogo), guardare (spectare) da terra la grande fatica (laborem) di un altro (alterius); non perché sia un lieto (iucunda) piacere che soffra (vexari) qualcuno (quemquamst – aferesi per quemquam est), ma perché è dolce (suave) vedere (cernere) da quali (quibus) mali tu stesso (ipse) sia privo (careas).
È dolce (come per il v.1 il verbo est è sottinteso) anche contemplare (tueri) senza pericolo (pericli invece di periculi) da parte tua (tua sine parte) le grandi contese di guerra (belli…magna) nei campi schierate (instructa).
Ma nulla è più dolce (dulcius –non usa più l’aggettivo suave – comparativo di maggioranza neutro di dulcis) che stare (tenere) sugli alti templi sereni (edita templa serena – intende il regno della conoscenza) ben protetti (bene munita) dalla dottrina (doctrina – ablativo di causa efficiente) dei sapienti (sapientum – genitivo pl. in um anziché in ium per necessità metriche), da dove (unde) tu possa (queas) guardare dall’alto (despicere) gli altri e qua e là (passim - avverbio) vederli errare e cercare (quaerere) smarriti (palantis) la via della vita (viam vitae – il senso della vita), gareggiare (certare) d'ingegno, rivaleggiare di nobiltà (contendere nobilitate - a chi possiede più titoli di nobiltà), notte e giorno sforzarsi (niti) con notevole (praestante al posto di praestanti per ragioni metriche) fatica per elevarsi alla sommità della ricchezza (ad summas opes) e impadronirsi (potiri) del potere (rerum).
O misere (O miseras – o + accusativo = compl. di vocazione) menti degli uomini, o animi ciechi (o + accusativo)!
In che (qualibus) tenebre della vita e in quanti (quantis) grandi pericoli trascorre (degitur) questa esistenza (aevi genitivo partitivo retto da hoc), qualunque essa sia (quodcumquest – aferesi per quodcumque est)! E come non vedere (nonne videre) che la natura reclama (naturam latrare proposizione infinitiva retta da nonne videre) nient'altro per sé (nil aliud sibi), se non che (utqui = ut), separato (seiunctus – participio congiunto riferito a dolor) dal corpo (corpore) il dolore sia assente (absit), e nella mente goda (fruatur) di una piacevole sensazione, libera (semota – participio regge gli ablativi cura e metu) da angoscia (cura) e paura (metu)?