A SE STESSO
Giacomo Leopardi
- Or poserai per sempre,
- stanco mio cor. Perì l'inganno estremo,
- ch'eterno io mi credei. Perì. Ben sento,
- in noi di cari inganni,
- non che la speme, il desiderio è spento.
- Posa per sempre. Assai
- palpitasti. Non val cosa nessuna
- i moti tuoi, né di sospiri è degna
- la terra. Amaro e noia
- la vita, altro mai nulla; e fango è il mondo.
- T'acqueta omai. Dispera
- l'ultima volta. Al gener nostro il fato
- non donò che il morire. Omai disprezza
- te, la natura, il brutto
- poter che, ascoso, a comun danno impera,
- e l'infinita vanità del tutto.
Ora ti acquieterai per sempre stanco (per le continue e dolorose disillusioni) mio cuore (stanco mio cor: allitterazione). E’ finito l’ultimo inganno (l'inganno estremo = l'ultima illusione, l'amore per Aspasia), che io avevo creduto eterno (ch'eterno io mi credei). E’ finito. Sento ormai che non è cancellata solo la speranza, ma persino il desiderio dei dolci (cari, l’aggettivo rivela la tenerezza del Poeta verso il mondo delle illusioni) inganni d’amore in noi (il Poeta colloquia con il suo cuore). Acquietati per sempre. Fin troppo palpitasti. Non vi è nessuna cosa (non val cosa nessuna) che meriti i tuoi turbamenti, così come nessuna cosa terrena è degna dei tuoi sospiri. La vita è solo dolore e noia e nient’altro; e tutto il mondo è fango. Riposati (t'acqueta) ormai, disperati per l’ultima volta (lascia definitivamente speranze ed illusioni). L’unico dono accordato dal fato al genere umano è il morire. Ormai (rafforza l’ormai del v.11) disprezza te stesso, la natura, il potere cattivo (brutto poter) che occultamente (ascoso) domina a danno di tutto e sull’infinita vanità di tutto.