TANTO GENTILE E TANTO ONESTA PARE
Dante Alighieri
- Tanto gentile e tanto onesta pare
- la donna mia quand’ella altrui saluta,
- ch’ogne lingua deven tremando muta,
- e li occhi no l’ardiscon di guardare.
- Ella si va, sentendosi laudare,
- benignamente d’umiltà vestuta;
- e par che sia una cosa venuta
- da cielo in terra a miracol mostrare.
- Mostrasi sì piacente a chi la mira,
- che dà per li occhi una dolcezza al core,
- che ‘ntender non la può chi no la prova;
- e par che de la sua labbia si mova
- uno spirito soave pien d’amore,
- che va dicendo a l’anima: Sospira.
La mia donna (donna mia = la signora, la padrona del mio cuore) si mostra (pare) tanto (tanto/tanto – anafora) nobile (gentile = nobile d’animo, nobile in senso spirituale) e onesta (onesta = nobile nell’aspetto esteriore e del portamento. Degna d’onore), quando saluta la gente (altrui ha valore impersonale), tanto che tutti fanno silenzio (ogne lingua deven tremando muta) e gli occhi non osano (ardiscon) guardarla.
Ella procede (si va), sentendosi lodare, rivestita di umiltà (d’umiltà vestuta – metafora/paronomasia), espressione di benevolenza, e pare sia una creatura (cosa qui ha il valore di creatura, indica l’intervento creatore di Dio) scesa dal cielo sulla terra per mostrare la potenza divina (miracol mostrare - similitudine).
Si mostra (mostrasi) talmente bella (sì piacente) a chi la guarda (la mira), che infonde tramite gli occhi (per li occhi) una dolcezza al cuore che può capire solo chi la sperimenta direttamente (che ‘ntender non la può chi no la prova) e sembra che dal suo volto (labbia - sineddoche) emani (si mova) un soave sentimento (spirito soave pien d’amore) che dice (va dicendo) all’anima: Sospira.