TANTO GENTILE E TANTO ONESTA PARE
Dante Alighieri

TESTO
  1. Tanto gentile e tanto onesta pare
  2. la donna mia quand’ella altrui saluta,
  3. ch’ogne lingua deven tremando muta,
  4. e li occhi no l’ardiscon di guardare.
  5. Ella si va, sentendosi laudare,
  6. benignamente d’umiltà vestuta;
  7. e par che sia una cosa venuta
  8. da cielo in terra a miracol mostrare.
  9. Mostrasi sì piacente a chi la mira,
  10. che dà per li occhi una dolcezza al core,
  11. che ‘ntender non la può chi no la prova;
  12. e par che de la sua labbia si mova
  13. uno spirito soave pien d’amore,
  14. che va dicendo a l’anima: Sospira.
PARAFRASI

La mia donna (donna mia = la signora, la padrona del mio cuore) si mostra (pare) tanto (tanto/tanto – anafora) nobile (gentile = nobile d’animo, nobile in senso spirituale) e onesta (onesta = nobile nell’aspetto esteriore e del portamento. Degna d’onore), quando saluta la gente (altrui ha valore impersonale), tanto che tutti  fanno silenzio (ogne lingua deven tremando muta) e gli occhi non osano (ardiscon) guardarla.
Ella procede (si va), sentendosi lodare, rivestita di umiltà (d’umiltà vestuta metafora/paronomasia), espressione di benevolenza, e pare sia una creatura (cosa qui ha il valore di creatura, indica l’intervento creatore di Dio) scesa dal cielo sulla terra per mostrare la potenza divina (miracol mostrare - similitudine).
Si mostra (mostrasi) talmente bella (sì piacente) a chi la guarda (la mira), che infonde tramite gli occhi (per li occhi) una dolcezza al cuore che può capire solo chi la sperimenta direttamente (che ‘ntender non la può chi no la prova) e sembra che dal suo volto (labbia - sineddoche) emani (si mova) un soave sentimento (spirito soave pien d’amore) che dice (va dicendo) all’anima: Sospira.


Analisi e commento:

Questo sonetto è uno dei più importanti componimenti della raccolta Vita nuova (prosimetro – unisce parti in prosa e parti in rima) e rientra nelle cosiddette rime in lode a Beatrice. Celebra infatti, in una atmosfera estatica, i caratteri angelici della giovane donna amata da Dante (Bice di Folco Portinari), esaltando le sue virtù morali e di comportamento: la nobiltà d’animo, il decoro, la modestia.
Il Poeta non fornisce una descrizione fisica volendo sottolineare invece l’aspetto spirituale e il fascino soprannaturale della donna che suscita un sentimento che solo gli esseri di natura angelica possono destare. Dante si rifà alla figura della donna-angelo, concetto fondamentale della poesia dello Stilnovo e tramite per un amore che consiste nella perfezione morale e nell’elevarsi a Dio.

Metrica:

Sonetto composto da due quartine e due terzine di endecasillabi (ABBA ABBA CDE EDC).
Sul piano stilistico vi è armonia con il contenuto attraverso l’uso di un linguaggio dolce e raffinato di tipo stilnovista; ogni parola rimanda ad un mondo ideale e raffinato mai toccato dalla corporalità. La lingua è piana e dolce e la presenza di molti verbi che denotano staticità (pare, saluta, laudare, mostrasi) contribuisce a conferire un ritmo lento ed estatico.
Sono presenti molti termini arcaici (ogne, deven, lauda, vestuta, spirto), allitterazioni: “Tanto gentile e tanto onesta pare/la donna mia quand’ella altrui saluta“; “da cielo in terra a miracol mostrare./Mostrasi sì piacente a chi la mira”, chiasmo  ai versi 8-9 (miracol/mostrare X Mostrarsi/mira) ed enjambements:vv. 1-2; 7-8; 12-13.