I FIUMI
Giuseppe Ungaretti
- Mi tengo a quest’albero mutilato
- Abbandonato in questa dolina
- Che ha il languore
- Di un circo
- Prima o dopo lo spettacolo
- E guardo
- Il passaggio quieto
- delle nuvole sulla luna
- Stamani mi sono disteso
- In un’urna d’acqua
- E come una reliquia
- Ho riposato
- L’Isonzo scorrendo
- Mi levigava
- Come un suo sasso
- Ho tirato su
- Le mie quattro ossa
- E me ne sono andato
- Come un acrobata
- Sull’acqua
- Mi sono accoccolato
- Vicino ai miei panni
- Sudici di guerra
- E come un beduino
- Mi sono chinato a ricevere
- Il sole
- Questo è l’Isonzo
- E qui meglio
- Mi sono riconosciuto
- Una docile fibra
- Dell’universo
- Il mio supplizio
- È quando
- Non mi credo
- In armonia
- Ma quelle occulte
- Mani
- Che m’intridono
- Mi regalano
- La rara
- Felicità
- Ho ripassato
- Le epoche
- Della mia vita
- Questi sono
- I miei fiumi
- Questo è il Serchio
- Al quale hanno attinto
- Duemil’anni forse
- Di gente mia campagnola
- E mio padre e mia madre.
- Questo è il Nilo
- Che mi ha visto
- Nascere e crescere
- E ardere d’inconsapevolezza
- Nelle estese pianure
- Questa è la Senna
- E in quel suo torbido
- Mi sono rimescolato
- E mi sono conosciuto
- Questi sono i miei fiumi
- Contati nell’Isonzo
- Questa è la mia nostalgia
- Che in ognuno
- Mi traspare
- Ora ch’è notte
- Che la mia vita mi pare
- Una corolla
- Di tenebre
La prima strofa è descrittiva:
Sto vicino (mi tengo) a questo albero schiantato dalle bombe (quest’albero mutilato: squarciato da una bomba. Con la scelta del verbo mutilato l’albero viene umanizzato - personificazione. Inoltre mutilato suggerisce anche un'implicita analogia tra l'albero, che le bombe hanno ridotto a un troncone, e gli uomini mutilati dalle ferite ricevute in guerra) abbandonato (abbandonato: può essere riferito sia al poeta sia all'albero; l'ambiguità è voluta da Ungaretti e contribuisce al caricare di tristezza e squallore la descrizione) in questo avvallamento (dolina: cavità naturale, tipica della zona carsica, dovuta all'erosione delle acque nei terreni calcarei) che ha la tristezza malinconica (languore: abbandono, malinconia, desolazione) di un circo equestre vuoto (similitudine) e osservo il passaggio tranquillo delle nuvole sulla luna (è notte, contemplando la natura il poeta ritrova serenità).
Con la seconda strofa inizia la rievocazione di quanto avvenuto quella giornata:
Stamattina mi sono immerso nell’acqua (urna: è una parola derivata dal latino, scelto per conferire sacralità all’azione che assume il valore di un rito di purificazione) e come una reliquia (similitudine – anche questo termine è scelto per trasmettere un senso di sacralità; urna e reliquia sono in stretto rapporto) ho riposato (l’acqua avvolge come in un’urna il corpo del poeta che vi riposa come una preziosa reliquia – la metafora dà solennità ad un gesto banale quanto quello di fare il bagno nel fiume).
L’ Isonzo (il fiume che scorre lungo l'altopiano del Carso) scorrendo mi levigava come un suo sasso (similitudine – come toglie la ruvidezza ai sassi, levigandoli, lo scorrere dell’acqua, toglie le asperità e le durezze che la vita di guerra ha determinato sul fante-poeta).
Mi sono rialzato (ho tirato su – comunica il senso di pietà che il poeta prova per se stesso) e sono uscito dall’acqua camminando in bilico sui sassi (come … acqua: il fondo accidentato e sassoso del fiume lo fa camminare con difficoltà; l'immagine dell'acrobata – similitudine - si riferisce alla difficoltà di stare in equilibrio sui sassi scivolosi).
Mi sono accovacciato vicino alla mia divisa di soldato, lacera e sporca (sudici di guerra – valore simbolico dell’immagine, il togliersi la divisa corrisponde ad allontanarsi almeno temporaneamente dagli orrori della guerra) e come un beduino (similitudine - come un nomade arabo che vive nei deserti. Il paragone nasce dal ricordo dell'infanzia e dell'adolescenza trascorse in Egitto e anticipa la successiva evocazione del fiume Nilo) mi sono chinato verso il sole per asciugarmi (Ungaretti si piega quasi imitando l'atto della preghiera islamica. Anche quest’immagine è simbolica, l’azione viene presentata infatti come un gesto rituale e non come il banale asciugarsi dopo il bagno).
Nelle acque dell’Isonzo, più che in ogni altro luogo, mi sono sentito parte dell’universo (mi … universo: il fante-poeta, facendo quel "bagno purificatore" nell'Isonzo, liberandosi delle brutture della guerra, si è sentito in armonia con l'universo intero), come una docile, piccola parte del tutto (docile – ubbidiente; fibra - un filo).
Con la sesta strofa inizia la parte riflessiva in cui il poeta affronta il tema cardine: il bagno nell’Isonzo rappresenta un momento di armonia con la natura che spinge il poeta a ricordare momenti simili nel proprio passato di contatto con altri fiumi.
Il mio tormento (il mio supplizio) è non sentirmi in armonia con l'universo, estraneo al mondo (in armonia: E' evidente l'allusione all'abbrutimento della guerra, che annebbia lo spirito).
Ma le invisibili mani del fiume (occulte mani: le acque dell’Isonzo sono come delle mani nascoste e misteriose della natura - personificazione), che mi bagnano, mi impregnano di una linfa o di un liquido vitale (m'intridono penetrano nell'intimo del poeta e lo mettono in comunione con la natura. Ungaretti scrive: "Sono le mani eterne che foggiano assidue il destino di ogni essere vivente") e mi regalano una rara felicità (la felicità di sentirsi in armonia con la natura).
Con questa strofa inizia la parte rievocativa della lirica.
Ho ripercorso (ripassato: Le acque dell'Isonzo ricordano a Ungaretti i momenti della sua vita legati ad altri fiumi) i momenti fondamentali (le epoche) della mia vita.
La terza parte della poesia si caratterizza per l’anafora che dà inizio ad ogni strofa (questi, questo, ecc.). Questi sono i miei fiumi (Il poeta ripercorre varie tappe della sua vita a contatto con un fiume, a partire dalle origini familiari).
Il Serchio (è il fiume della Toscana che scorre vicino a Lucca, terra d’origine della famiglia di Ungaretti) a cui hanno attinto (si sono cioè metaforicamente abbeverati) i miei avi (duemila anni forse di gente mia), gente di campagna (gente semplice), mio padre e mia madre.
Il Nilo (il fiume dell'Egitto, dove Ungaretti è nato ed ha trascorso l'infanzia e l'adolescenza) lungo le cui rive sono nato e cresciuto, che mi ha visto ancora inconsapevole accendermi delle passioni ed entusiasmi giovanili (ardere d'inconsapevolezza: allude all’età della giovinezza ancora lontana dalla conoscenza e consapevolezza di sé e del mondo, età di turbamenti e ardori) negli spazi infiniti (estese pianure: la casa di Ungaretti era in periferia, ai margini del deserto, che iniziava proprio lì, manifestandosi in tutta la sua estensione).
La Senna, nelle sue acque torbide (in quel suo torbido) mi sono immerso (mi sono rimescolato con allusione alle tumultuose esperienze esistenziali e culturali della vita parigina. Scrive il poeta: "E' Parigi che incomincia a darmi, prima di quella più compiuta che mi darà la guerra, più chiara conoscenza di me stesso") e sono cresciuto e maturato (e mi sono conosciuto – si oppone al verso 55 ardere di inconsapevolezza - La Senna rappresenta la maturazione anche dolorosa di Giuseppe – l’amico d’infanzia Mohammed si suicida proprio a Parigi, che sembrava offrire tante opportunità. La conoscenza è dunque anche sofferenza per il giovane Ungaretti).
Questi i fiumi che l'Isonzo mi fa ricordare (contati nell'Isonzo).
L’ultima strofa riporta alla situazione iniziale (ora ch’è notte).
Questa è la nostalgia del passato (questa è la mia nostalgia) che mi viene dai ricordi legati ad ognuno di questi fiumi (che in ognuno mi traspare), ora che la notte mi avvolge (ora che vivo nell’orrore della guerra) la mia vita mi appare come la corolla che avvolge il cuore del fiore, precaria ed instabile (Corolla di tenebre: qualcosa di fragile e nello stesso tempo di oscuro).