GIOSUE' CARDUCCI
(1835-1907)
VITA
Nato nel 1835, Giosuè Carducci trascorse infanzia e adolescenza a Bolgheri, frazione di Castagneto - oggi Castagneto Carducci (Livorno).
Suo padre esercitava la professione di medico condotto.
La sua permanenza nella Maremma termina nel 1849, in quello stesso anno infatti si trasferì a Firenze.
A Firenze Giosuè compì gli studi ginnasiali, entrando poi nella Scuola Normale Superiore di Pisa, dove si laureò in filosofia e filologia. Costituì, insieme con tre compagni di studi il gruppo degli “Amici pedanti”, impegnato nella difesa del classicismo contro le tendenze letterarie dominanti: il manzonismo nella prosa e il romanticismo sentimentale di Prati e Aleardi nella lirica.
L’insegnamento e l’attivita’ critica
Gli anni 1857-58 furono turbati da due gravi lutti: nel novembre 1857 morì il fratello Dante, non è chiaro se per suicidio o perché ucciso involontariamente durante una lite dal padre, che morì a sua volta pochi mesi dopo.
Nel 1859 sposa Elvira Menicucci. Dal 1871 diventerà l’amante di Carolina Cristofori Piva, la Lidia delle "Odi barbare".
Nel 1860 venne chiamato dal ministro dell’Istruzione del governo piemontese a ricoprire la cattedra di eloquenza ( cioè di letteratura italiana) all’Università di Bologna; ebbe così inizio un lunghissimo periodo di insegnamento.
Da repubblicano a monarchico
Il decennio 1860-70 è decisivo per la formazione ideologica e politica di Carducci: da un lato le vaste letture, dall’altro l’iscrizione alla Massoneria e la delusione provocata dalla mediocrità del governo postunitario, determinarono un atteggiamento filorepubblicano e giacobino.
Negli anni successivi, con il mutare della realtà storica italiana, a Carducci la monarchia finì con l’apparire la migliore garante dello spirito laico del Risorgimento e di un progresso sociale non sovversivo, di contro al diffondersi del pensiero socialista, cui guardò con diffidenza perché incompatibile con i suoi ideali nazionalistici.
La ritrovata fiducia nella monarchia, testimoniata da una famosa ode dedicata alla Regina Margherita per celebrarne l’ascesa al trono (1878), gli valse nel 1890 la nomina a senatore del Regno, consacrazione definitiva della sua nuova veste di “poeta vate della nuova Italia”.
Nel 1906 fu insignito - primo italiano - del Premio Nobel per la letteratura.
Morì a Bologna nel 1907.
LE OPERE, I TEMI E LO STILE
Giambi ed epodi
Si tratta di una raccolta composta da un Prologo e 30 poesie nelle quali è costante l’atteggiamento polemico nei confronti della realtà storica e sociale contemporanea.
L’impegno civile domina i testi aspramente polemici di Giambi ed epodi, raro esempio in Italia di poesia direttamente ispirata alla storia e persino alla cronaca contemporanea. I due sinonimi accostati nel titolo alludono ai modelli del libro (nomi di due tipi diversi di versi), cioè i Giambi del poeta greco Archiloco e gli Epodi di Orazio, dei quali Carducci riprende il tono satirico e, anche se in modo molto elastico, la forma metrica.
Carducci vuole riaffermare i valori che il Risorgimento ha deluso; l’ispirazione viene dalla reazione contro la corruzione e la meschinità di certi ambienti mondani e politici.
Lo sdegno di Carducci è sollecitato da varie situazioni e avvenimenti dell’Italia di fine secolo, così diversa da quella vagheggiata dagli eroi del Risorgimento:
- lo strapotere temporale del papa;
- la disastrosa guerra del 1866;
- l’ambiguità e la debolezza del governo italiano di fronte alla questione romana.
Il rifiuto del presente implica certo il ricordo di un passato migliore (si vedano per esempio i testi celebrativi di eventi storici memorabili): vedi “Comune rustico” esaltazione di una realtà di valori che non ci sono più.
Per il quinto anniversario della battaglia di Mentana (Giambi ed Epodi)
Si tratta di un componimento d’anniversario di contenuto ed ispirazione politica: il 3 novembre 1867 a Mentana Garibaldi con i suoi volontari fu fermato nella marcia verso Roma dalle truppe francesi mandate da Napoleone III per difendere lo Stato Pontificio. Sul valore dei garibaldini ebbero la meglio i nuovi fucili a retrocarica, gli chassepots, dei francesi. Dopo la sconfitta Garibaldi fu arrestato per la terza volta.
Metro: sette strofe formate ciascuna da otto settenari.
Poesia barbara,
La raccolta comprende 105 liriche, ripartite in nove sezioni, ed è il più ricco e vario dei libri di poesia carducciani. Questa raccolta ha già abbandonato il linguaggio giambico per una lirica di respiro più disteso e pacato. E’ definita poesia del cuore perché parla dei suoi sentimenti e dolori.
La poesia “barbara” si inserisce nella direzione classicistica: nelle Odi barbare Carducci recupera dei classici anche la metrica, cercando di trasferirla alla lingua italiana.
Ma il calco non può essere perfetto, poiché, come è noto, l’Italiano è privo della opposizione fra sillabe lunghe e brevi che costituisce invece il fondamento linguistico e metrico del greco e del latino: lo stesso Carducci ammette che le sue poesie sembrerebbero sicuramente “barbare” agli orecchi e al giudizio dei Greci e dei Romani.
Queste poesie sono dunque “composte e armonizzate di versi e di accenti italiani”: Carducci adotta infatti versi della nostra tradizione, i quali, com’è noto, si fondano sul criterio dell’isosillabismo (un dato verso ha sempre lo stesso numero di sillabe) e dell’isocronismo degli accenti (un dato verso ha sempre gli accenti sopra determinate sillabe).
Carducci chiama dunque queste sue liriche “Odi” perché composte in metri che ricalcano quelli greci e latini, e “barbare” perché tali sembrerebbero agli antichi.
La conseguenza di quest’insolito assetto formale è la dissoluzione del verso e della rima e il forte rilievo attribuito alla parola singola.
I componimenti si dividono in:
- componimenti civili, dove è esaltata la Roma antica.
- componimenti personali, basate sul tema della fugacità del tempo e quello dell’opposizione morte-vita, espressa metaforicamente secondo la tecnica del contrasto (usata per esempio in “pianto antico”).