LA SELVA OSCURA
Divina Commedia - Inferno – Canto I – vv.1-30
Dante Alighieri

TESTO
  1. Nel mezzo del cammin di nostra vita
  2. mi ritrovai per una selva oscura,
  3. ché la diritta via era smarrita.
  4. Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
  5. esta selva selvaggia, aspra e forte
  6. che nel pensier rinova la paura!
  7. Tant'è amara che poco è più morte;
  8. ma per trattar del ben ch'i' vi trovai ,
  9. dirò de l'altre cose ch'i' v'ho scorte.
  10. Io non so ben ridir com'i' v'intrai,
  11. tant'era pien di sonno a quel punto
  12. che la verace via abbandonai.
  13. Ma poi ch'i' fui al piè d'un colle giunto,
  14. là dove terminava quella valle
  15. che m'avea di paura il cor compunto,
  16. guardai in alto, e vidi le sue spalle
  17. vestite già de' raggi del pianeta
  18. che mena dritto altrui per ogne calle.
  19. Allor fu la paura un poco queta,
  20. che nel lago del cor m'era durata
  21. la notte ch'i' passai contanta pieta.
  22. E come quei che con lena affannata,
  23. uscito fuor del pelago a la riva,
  24. si volge a l'acqua perigliosa e guata,
  25. così l'animo mio, ch'ancor fuggiva,
  26. si volse a retro a rimirar lo passo
  27. che non lasciò già mai persona viva.
  28. Poi ch'èi posato un poco il corpo lasso,
  29. ripresi via per la piaggia diserta,
  30. sì che 'l piè fermo sempre era 'l più basso.
PARAFRASI

A metà del cammino della vita (nel mezzo del cammin di nostra vita – ripreso da un passo del Convivio - significa a 35 anni) mi ritrovai in (per = entro) una buia boscaglia (selva oscura allegoria del peccato e della dannazione) perché avevo smarrito la giusta via (la diritta via = la via che conduce alla salvezza).
Ahimé, descrivere cos’era è cosa ardua (dura) questo bosco selvaggio (selva selvaggia - paronomasia), impervio e difficile (forte), che al solo ripensarvi mi torna la paura!
È tanto angosciante (amara – è riferito alla selva) quasi quanto la morte; ma per dire ciò che di buono vi trovai (trattar del ben ch'i' vi trovai = l’incontro con Virgilio), parlerò [prima] delle altre cose che lì ho viste (l'altre cose ch'i' v'ho scorte = le tre fiere da cui Virgilio lo libererà).
Io non so descrivere il modo in cui vi entrai dato che il mio torpore (sonno – è il torpore dell'anima provocata dal peccato; è un'espressione ricorrente nelle Sacre Scritture e nei testi patristici) era tale in quel momento che abbandonai la giusta via (verace via = la diritta via del v.3, quella che porta a Dio da cui il poeta si era allontanato a causa del vivere peccaminoso. Beatrice glielo rimprovererà apertamente nel XXX canto del Paradiso.).
Ma dopo che arrivai ai piedi (piè - metafora) di un colle (colle allegoria della salvezza), là dove finiva quella selva (la valle in cui si trova la selva oscura e che è identificabile con la selva stessa) che mi aveva turbato (compunto) il cuore di paura, guardai in alto e vidi la sua cima e il pendio già illuminate (le sue spalle vestite metafora: la cima e il pendio del colle sono delle spalle coperte dai raggi del Sole, allegoria della Grazia divina ) dai raggi del Sole (pianeta = sole – metafora di Dio in base alle scritture) che conduce ciascuno per la giusta via (mena dritto altrui per ogne calle).
A quel punto (allor) la paura si calmò (fu queta) un po’, che nel profondo dell'animo (lago del cormetafora per indicare la parte interna del cuore) avevo provato durante (m'era durata) la notte (notte – il poeta ha trascorso tutta la notte vagando nella selva. Ha anche un significato metaforico riferito alla condizione spirituale di Dante che si è allontanato dalla retta via) trascorsa nel dolore (pieta).
Qui Dante inserisce una similitudine, vv.22-27, in cui paragona il pericolo scampato a quello del naufrago che, uscito dal pericolo, si volge al mare da cui è riuscito a salvarsi:
E come colui che con respiro affannoso (lena affannata), uscito dal mare (pelago) e arrivato alla riva, si gira verso l’acqua minacciosa e guarda (guata), così il mio animo, che ancora fuggiva, si girò indietro a guardare quel passo (lo passo = la selva), che non lasciò vivo nessuno (allegoricamente è da intendere che il peccato, rappresentato dalla selva, conduce alla dannazione colui che non sa liberarsene).
Dopo che ebbi (ch'èi) riposato un poco il corpo stanco (lasso), ripresi il cammino (ripresi via) lungo il pendio (piaggia) deserto, salendo (sì che 'l piè fermo sempre era 'l più basso - perifrasi per indicare la salita in cui il piede più in basso è fermo e puntato per dare la spinta che permette di salire).


Analisi e commento:

Il primo canto dell'Inferno rappresenta un proemio all’intera opera. Dante si trova in una selva oscura, simbolo del peccato e della dannazione. Il Poeta non si è accorto di esservi entrato perché il suo animo era intorpidito dal suo traviamento spirituale. Il superamento della selva e lo scorgere un colle rischiarato dalla luce divina è il primo passo verso la redenzione e la salvezza. Dante come un naufrago che scampato alla furia del mare, da riva, volge uno sguardo ai flutti da cui è riuscito a salvarsi, osserva la selva, lasciata alle sue spalle, e dopo un breve riposo si accinge a salire sul colle, simbolo della salvezza.

Metrica:

Terzine di versi endecasillabi a rima incatenata.