FORSE UN MATTINO
Eugenio Montale
- Forse un mattino andando in un'aria di vetro,
- arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
- il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
- di me, con un terrore di ubriaco.
- Poi come s'uno schermo, s'accamperanno di gitto
- alberi case colli per l'inganno consueto.
- Ma sarà troppo tardi; ed io me n'andrò zitto
- tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.
Forse: il primo verso si apre con un’ipotesi che segna l’intero componimento. Il futuro ipotetico ("Forse... vedrò") serve a introdurre il "miracolo" (cioè la percezione del "nulla") come un possibile eppur straordinario evento, che infrange le leggi naturali; aria di vetro = tersa come il cristallo; così tersa, limpida e secca da sembrare artificiale, indica il carattere irreale di una simile esperienza; rivolgendomi = voltandomi indietro; compirsi = realizzarsi; il miracolo = l’evento straordinario; nulla: provoca una sensazione di vertigine.
terrore di ubriaco: esprime il terrore di chi ha perso ogni stabile punto di riferimento, come gli ubriachi che possono cadere a terra in ogni momento.
Come s’uno schermo: come sopra uno schermo cinematografico (metafora che richiama il mondo dell’uomo moderno), si proiettano le immagini che a noi sembrano reali (inganno consueto) ma sono frutto invece di un’illusione ottica; di gitto = freneticamente, una cosa sull’altra.
Sarà troppo tardi: ormai ha visto il nulla e il poeta ha acquisito una consapevolezza che lo rende diverso da tutti gli altri uomini (gli uomini che non si voltano) che continuano a credere alla realtà apparente.