LAVANDARE
Giovanni Pascoli
- Nel campo mezzo grigio e mezzo nero
- resta un aratro senza buoi, che pare
- dimenticato, tra il vapor leggero.
- E cadenzato dalla gora viene
- lo sciabordare delle lavandare
- con tonfi spessi e lunghe cantilene:
- il vento soffia e nevica la frasca,
- e tu non torni ancora al tuo paese!
- quando partisti, come son rimasta!
- come l'aratro in mezzo al maggese.
Nel campo mezzo arato e mezzo no (mezzo grigio e mezzo nero: la metà grigia è quella non ancora arata, mentre la metà nera è quella in cui la terra è stata rivoltata dall’aratro) rimane un aratro abbandonato (senza buoi) che sembra dimenticato, nella nebbiolina (vapore: dà l’impressione di un fumo che sale dal terreno).
Il ritmo cadenzato (rima con dimenticato del v.3 – rima interna – e indica il ritmo monotono e sempre uguale del lavoro delle lavandaie) proviene dal fossato (gora) dove le lavandaie sciacquano nell'acqua i panni (lo sciabordare – onomatopea e rima interna -are) con frequenti (spessi) colpi sordi (tonfi) e lunghi canti popolari (lunghe cantilene – spessi-tonfi/lunghe-cantilene: chiasmo, sostantivo-aggettivo/aggettivo-sostantivo):
[In questa strofa (vv.7/10) Pascoli riprende quasi per intero il testo di un canto popolare marchigiano.] il vento soffia e dai rami le foglie cadono come fiocchi di neve (vento soffia e nevica la frasca - chiasmo), e tu non fai ritorno al tuo paese! Quando partisti sono rimasta abbandonata come l’aratro in mezzo al campo non arato (come....aratro: similitudine; maggese: campo lavorato in maggio e lasciato poi a riposo perché possa tornare ad essere fertile).