NOVEMBRE
Giovanni Pascoli
- Gemmea l'aria, il sole così chiaro
- che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
- e del prunalbo l'odorino amaro
- senti nel cuore...
- Ma secco è il pruno, e le stecchite piante
- di nere trame segnano il sereno,
- e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante
- sembra il terreno.
- Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
- odi lontano, da giardini ed orti,
- di foglie un cader fragile. E' l'estate
- fredda, dei morti.
L’aria è limpida e fredda come una gemma (gemmea l’aria – metafora e sinestesia - gemmea – dall’aggettivo latino gemmeus), il sole è così luminoso che tu (il poeta usa la seconda persona con valore generico, impersonale) ricerchi [con lo sguardo] gli albicocchi in fiore, sentendo nel cuore (non nelle radici) l’odore amarognolo (odorino amaro – sinestesia – odorato+gusto) del biancospino (prunalbo).
Ma (avversativa che rompe l’illusione e riporta alla realtà) l’albero del biancospino è secco, le piante scheletrite/spoglie (stecchite) disegnano nel cielo sereno delle trame nere [con i loro rami spogli], il cielo è deserto [privo di uccelli, contrariamente a quanto avviene in primavera], e il terreno sembra vuoto sotto il piede e risuona mentre lo calpesta (piè sonante ipallage).
Intorno c’è silenzio, soltanto grazie ai soffi di vento (ventate), si sente lontano un fragile (l’uso di questo aggettivo serve ad evocare sia l’aridità delle foglie, sia la loro caducità autunnale) cadere (cader fragile – ipallage) di foglie, proveniente dai giardini e dagli orti. È la fredda estate (ossimoro) dei morti (novembre tradizionalmente è il mese del culto dei morti).